La rinascita enologica calabrese
Oggi si parla, nel mondo della critica enogastronomica, di una “rinascita enologica calabrese”.
Questo perché per anni la Calabria non ha partecipato attivamente a quello che è stato il così detto rinascimento degli anni ‘90 e 2000, restando un po’ fuori dalla corsa. Contrariamente a quanto si possa pensare, questo restare per anni un po’ “arretrati” rispetto alla corsa della modernità è stato un pregio, in quanto la Calabria ha così salvato le tradizioni autoctone senza perdere l’impronta artigianale che oggi è la cosa più importante e ricercata nella valutazione dei prodotti, dove si cerca e si apprezza la rappresentazione territoriale, l’unicità.
Storicamente la Calabria è stata terra di vigneti, sin dal VIII secolo a.c., quando veniva chiamata Enotria. L’Enotria era un'antica regione d'Italia meridionale, di difficile delimitazione, ma che sicuramente comprendeva le frange sud-orientali della Campania, la Basilicata e la Calabria, abitate dagli Enotri, fin dalla prima ondata di genti italiche indoeuropee. Il nome Enotria deriva dal greco ôinos (vino) a causa dei floridi e numerosi vigneti del territorio.
Per oltre un millennio la regione è stata la prima produttrice del Mediterraneo e in varie fonti storiche si citano nomi di vini famosi, spediti appunto in ogni angolo del Mediterraneo. Quindi un’antica tradizione che si intreccia con la nascita e la storia della stessa Magna Grecia.
Tornando ai giorni nostri quindi, è evidente un ritrovato interesse per i vini calabresi che, come dicevamo, hanno conservato i valori delle tradizioni e dell’artigianalità.
Alla XXI edizione del Concorso Enologico Internazionale Città del Vino ad esempio, conosciuto come Selezione del Sindaco e organizzato dall’Associazione Nazionale Città del vino con l’autorizzazione del Masaf (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) e il supporto scientifico dell’OIV (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino), l’enologia calabrese è salita sul podio.
A sfidarsi ci sono stati millequattrocento vini, provenienti da tutte le regioni italiane. Il bottino della Calabria è stato di ben diciotto preziose medaglie, a dimostrazione della qualità dei vini calabresi.
Alla base di questo Concorso è il voler ribadire il valore del rapporto tra vino e territorio, premiando insieme le Aziende e i Comuni.
La Calabria insomma, con il sottosviluppo degli scorsi decenni, ha preservato la genuinità ed è ora la terra promessa dell’enologia e della buona cucina.
Noi di Tenuta del Castello teniamo molto alla storia del territorio.
La nostra cantina, che si trova nel cuore del vigneti, a pochi passi dall’antico Castello dei Principi Pignone del Carretto, è una grande struttura dotata dei migliori impianti tecnologici per la vinificazione e l’imbottigliamento.
Non a caso Tenuta del Castello è l’unico partner produttore di vino italiano che partecipa al progetto
TRACEWINDU (Traceability at wine industry through integrated labelling of tipicity, health protection effect and organoleptic attributes), finanziato dall’UE, che mira a garantire e migliorare la tracciabilità del vino lungo l’intera catena del valore, grazie all’impiego di tecniche di etichettatura intelligente e registrazione dei dati che si avvalgono della tecnologia blockchain. Ciò consentirà ai consumatori di effettuare acquisti sulla base di informazioni complete e affidabili in merito al processo di produzione.
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Qui l’innovazione abbraccia la tradizione dell’approccio artigianale, per la creazione di un vino autentico, frutto di un intenso lavoro ed espressione vera del territorio da cui proviene.
Il risultato è un vino selezionato e di alta qualità, realizzato con la collaborazione dell’enologo Riccardo Cotarella, Presidente dell’Associazione degli Enologi.
La produzione si basa sui 12 ettari in cui si coltivano greco, traminer e aglianico. I tre vitigni danno vita a un bianco
«Lepanio» (90% greco e 10% traminer), un rosato
«Pian delle rose» (l’etichetta prende il nome dallo storico pianoro prospiciente il castello) con aglianico 100% in purezza, un rosso
«Narobio» aglianico 100% (affinato in barriques per 8 mesi) e il cru rosso
«Soprano» (affinato in barriques nuove per 18 mesi).
Vini di grande eleganza e struttura con l’ambizione affiancarsi presto alle grandi etichette del made in Italy.